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Io, Mauro e i Trapizzini.

Ho conosciuto Mauro Uliassi in occasione di una cena a Roma, cena, dove lui raccontava i suoi piatti e io mangiavo. Avete letto bene, proprio Mauro Uliassi, quello con due stelle Michelin.

Durante tutta la cena era possibile fare delle domande e io stavo sempre lì a mano alzata a chiedere e chiedere con la speranza di rubare qualche chicca da condividere con voi. A fine serata sono andata da lui mi sono presentata, mi sono fatta autografare il menù ci ho scambiato anche qualche battuta.

In questi casi avere un nome di battesimo improbabile come Vissia aiuta a rompere il ghiaccio. Aiuta anche essere una ingegnera che fa un lavoro altrettanto improbabile. Abbiamo parlato, gli ho confessato la mia passione smodata per la cucina e il mio vizio di raccontarla in questo blog. Ma comunque era finità lì, qualche chiacchiera, qualche risata e poi a casa e mai e poi mai avrei pensato che ci sarebbe stato un seguito.

Non chiedetemi, quindi, cosa mi è passato per la testa quando chiamata per tenere una rubrica di cucina e tecnologia sul blog di Telecomitalia l’ho contattato, chiedendogli di fare qualche chiacchiere sull’argomento “alta cucina e tecnologia”, per poter fare il mio primo articolo. Io l’avevo buttata lì, alla “magari fosse” senza alcuna speranza di successo. E invece, Mauro mi ha risposto dopo poco, e mi ha concesso quanto gli avevo chiesto. Un grande.

E da quel giorno non l’ho più mollato e l’ho seguito in tutti i suoi movimenti, è stato per questo che sono venuta a sapere di questo suo nuovo progetto “Uliassi street food”, e in particolare dei Trapizzini.

Va bene leggerne, va bene vederli in foto, va bene anche che te lo raccontano, ma io ero curiosa di provarli, e quando proprio Mauro mi ha detto che sarebbero stati al Cibus a Parma a presentarli la spedizione è stata organizzata.

Partiamo dal nome, TRAPIZZINO, che sta a identificare una via di mezzo tra un tramezzino e la pizza, due pilastri dello street food romano. E infatti la paternità del nome e dell’impasto è del romanissimo Stefano Callegari. Uliassi ci ha messo il companatico, il ripieno nel caso particolare.

Mettiamola così, c’era Callegari che aveva inventato questo impasto, fatto con lievito madre, 1 lt di acqua e 1 kg di farina. E c’era Uliassi che cercava un ivolucro per il suo companatico.

Ora uno chef due stelle Michelin, non è che si accontenta del primo fornaio che trova sulla strada, il “pane” deve avere determinate caratteristiche. Essere croccante fuori e avere la giusta grana di mollica per assorbire alla meglio il condimento.

Qua sull’assorbimento del condimento, l’ingegnera che c’è in me non può non sottolinearvi lo studio che c’è dietro. Il fenomeno quello fisico è la capillarità o meglio l’imbibizione, ossia il movimento capillare delle molecole del liquido che gonfiano la sostanza imbevuta. Ma in cucina, anzi in alta cucina non basta che il condimento imbeva il pane,  va trovato lo sposalizio perfetto tra la densità del condimento e la grana del pane. Se la grana è troppo sottile si rischia che l’assorbimento non si ha nei tempi giusti per la preparazione. Il Trapizzino è fatto e servito in maniera espressa, e espressamente va mangiato. Se, invece, la grana è troppo larga, peggio ancora, perchè il condimento non viene trattenuto.

Uliassi e Callegari hanno trovato il connubbio perfetto.

Io dei Trapizzini di Uliassi ho provato quello col pollo alla cacciatora, ve lo consiglio caldamente. La prossima volta, e ci sarà una prossima volta, sarà il turno di quello con la trippa, sono stata indecisa fino all’ultimo, ma erano appena le 10 di mattina e non me la sono sentita.

 

 

 

Io, Mauro e i Trapizzini.ultima modifica: 2012-05-13T00:30:00+02:00da
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