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#BloggerWeMoena – parte 1: il pastificio Felicetti

Due settimane fa non so voi dove stavate, ma io ero stata invitata a un blogtour con base a Moena, in Trentino. La solita fortunella direte voi, e io in tutta onestà manco posso darvi torto. Qualcuno lo dovrà pur fare, se mi chiamano io vado.

Preamboli a parte, ci ho messo due settimane per decidermi a scrivere un post, perchè non sapevo da dove iniziare. L’esperienza è stata ricca, piena e coinvolgente. E quindi a un certo punto l’idea geniale: andiamo per ordine cronologico. Lo so, ci ho messo due settimane, però ci sono arrivata.

La partenza è stata il 13 settembre, che rimanga tra noi era il giorno del mio 39-esimo compleanno. Sul treno Roma-Trento comunicavo al mondo con tutti i media in mio possesso il crescente disappunto per le scontate battute sulla prossimità dei miei quarant’anni. Finalmente a Trento ci siamo raccolti con altri blogger e abbiamo aspettato la navetta per Moena. L’atmosfera era quella della gita scolastica, io ahimè me sono fatta mezzo tragitto al telefono per lavoro – il giorno del mio compleanno – in ferie – ma questa è un’altra questione.

Arrivati a Moena ho finalmente conosciuto Matteo Torresani il deus ex machina insieme a Carlo Vischi di tutto il blogtour. E c’ha subito fatto capire che c’era poco tempo da perdere, tutti veloci negli alberghi (noi eravamo alloggiati al Garden) e poi per i foodies era prevista la visita al pastificio Felicetti.

Ecco, io in un pastificio non c’ero mai andata. Ed è stato decisamente illuminate.

Innanzi tutto dovete sapere che per ovvie questioni di igiene prima della visita ci hanno incartato dalla testa ai piedi. Quindi inutile che sghignazzate vedendo come ci avevano combinato. Partiamo da quando arriva la semola, innanzi tutto viene analizzata, con esami da laboratorio per verificarne la composizione e sopratutto la maglia di glutine. I vari campioni analizzati poi sono catalogati e conservati, in modo da collegarli al lotto di pasta prodotto.

Ora levatevi dalla testa le nonnine che impastano, è tutto ovviamente automatico e supercontrollato, quelli bravi che hanno studiato macchine e sistemi per l’ingegneria, la moderna nonnina la chiamano sistema ad estrusione.

Mi rendo conto che l’immagine della nonnina era più romantica, ma fatevelo dire l’ingegnera che è in me ha gongolato a vedere tanta tecnologia al servizio della cacio e pepe. 

La pasta fatta ed essiccata viene poi portata in una magazzino pure quello tutto automatico, pure qua quelli bravi di ingegneria lo chiamerebbero Robot Cartesiano, fatemele dire ogni tanto queste chicche, sono innocque. Comunque, per dirla corte e per dirla breve, questo magazzino è totalmente automatico, e in base agli ordini che arrivano dal settore di amministrazione vengono composti da un braccio meccanico, gli imballaggi per le varie spedizioni e vengono pure etichettati.

I più sagaci di voi si saranno resi conto che il pastificio di cui vi sto parlando  si trova in una zona atipica per la produzione di pasta: le dolomiti. Ma se ci riflettete bene gli ingredienti per la una pasta di qualità sono semola, acqua e aria e lì a acqua e aria stanno messi decisamente bene. E’ stato per questo che il signor Felicetti ben 4 generazioni fa ha avuto l’intuizione di produrre pasta e sopratutto l’intuizione di puntare sulla qualità. Puntare sui grandi numeri in un posto così “fuori dal giro” della pasta probabilmente non avrebbe dato lo stesso risultato. Felicetti offre sia pasta biologica, che monograno che Kamut. Io ho provata la monograno lessa, al dente e con un filo d’olio, per capire se era vera tutta questa storia della qualità che mi avevano raccontato. Ragazzi miei, era vera, parola per parola.

E se ancora siete un po’ cuoriosi potete andare QUI a vedere altre foto del Pastificio Felicetti 

#BloggerWeMoena – parte 1: il pastificio Felicettiultima modifica: 2013-09-28T22:40:00+02:00da
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