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Food 2.0: delle mie letture estive e della necessità dell’uovo finto

Giusto per vantarmi un attimo, vi volevo dire che io sotto l’ombrellone leggo il MIT Technology Review. Ecco le prove.

L’abbonato di casa in vero è mio marito, ma siccome alla fine della fiera sono, resto e rimango nonostante tutto una ingegnera un occhio ce lo butto pure io. Perché se una nasce nerd, nerd rimane, checchè cerchi di darsi un tono radical chic.

Ora nel numero di Luglio/Agosto a pagina 13 (Nella foto sotto trovate la copertina) c’è un articolo fighissimo di Ted Greenwald sull’uovo finto.  Pare che nella Silicon Valley si stia progettando il “food 2.0” e che l’ingrediente chiave sia questo benedetto chicken egg animal free replacement , ossia per dirla come mangiamo, un sostituito di origine non animale dell’uovo di gallina.

La prima cosa che mi sono chiesta io è: Perché? E ingenuamente ho pensato sia agli allergici che alla questione vegana, insomma, mi è capitato di parlare con vegani e pare che effettivamente il dover sostituire l’uovo sia una questione cardine. Provate un po’ a fare un ciambellone senza uovo, o la pasta fatta in casa, insomma se siete vegani, allergici o quello che vi pare senza uovo è un po’ più complicata.

E invece no, o meglio, alla fine anche queste due nicchie ne beneficerebbero di questi studi che si stanno portando avanti per sintetizzare un uovo finto, ma il motore che anima il tutto è squisitamente economico. Strano eh?

L’uovo delle galline ha una serie di proprietà date dalla sua composizione che lo rendono “unico”  e (quasi) insostituibile, o almeno così è andata fino ad oggi. Ragionandoci infatti l’uovo ha delle caratteristiche tutte sue, come quella emulsionante e legante  (vedi ad esempio la maionese) o quella di formare una schiuma se sbattuto (e vedi i varo dolci come il pan di spagna) o anche addensante (budini e crema pasticcera per dirne solo due).

Insomma, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Qua invece siamo nella situazione che c’è, ma ce lo reinventiamo comunque. Il perché, è presto detto, l’uovo costa  “troppo” alla grande industria. Costa allevare le galline, costa farle mangiare, costa mantenerle in salute e poi va a finire che l’uovo scade pure e deve essere consumato pure in un tempo decisamente limitato. La ricerca è ovviamente finanziata da grandi aziende alimentari, Kraft e General Mills, per citarne due.

Tutti gli sforzi in questo momento sono orientati alla crreazione di un “uovo” di origine vegetale, quindi ci sarebbe anche il vantaggio dell’assenza di colesterolo e allergeni di sorta. Per fare questo prototipo sono state analizzate circa 3000 piante, e individuate almeno 11 proteine in grado di scimmiottare il comportamento dell’uovo vero. Tra i tanti esperimenti, si sta mettendo a punto anche un fluido giallo in tutto e per tutto simile nell’aspetto all’uovo sbattuto,  che reagisce come un uovo sbattuto emulsionandosi, addensandosi e facendo la schiuma se sbattuto, ma che una volta cotto pare sia al momento immangiabile, dettagli.

Da come si stanno muovendo le cose, è ovvio che si tratta solo di questione di tempo, e troveremo sugli scaffali del supermercato, frollini all’uovo finto, a quel punto sta tutta a noi, decidere cosa mettere nel carrello. E non ne faccio una questione retorica, abbassare i costi di produzione, e quindi in teoria anche quelli finali, e in più allungare il periodo di conservazione potrebbe anche significare poter sfamare fette della popolazione mondiale al momento prede della fame. Potrebbe, ma non è che voglio fare la cinica di turno, io al fatto che tutto questo sia fatto per risolvere questioni umanitarie non ci credo.

 

 

Food 2.0: delle mie letture estive e della necessità dell’uovo fintoultima modifica: 2014-08-11T12:32:59+02:00da
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