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Faro, i piacioni del caffè che piace

C’è una novità nella mia vita, lavoro in un gruppo di tutte donne e non mi pare vero.

Per una che come me ha fatto ingegneria, che il primo lavoro era l’unica donna in un gruppo di 40 uomini, anzi peggio, ingegneri, uscire oggi in pausa pranzo e parlare di peli superflui è una manna dal cielo.

Perché ahimè le mie pause pranzo fino al cambio, avevano come argomento o il lavoro o il calcio o la tecnologia, oppure quell’altra cosa che ci siamo capiti, su cui ero chiamata a dare pure dei pareri tecnici e circostanziati, come persona informata dei fatti.

Ho pure cambiato sede non sto più in una landa desolata, ma pieno centro a Roma. Esco a pranzo, niente mensa, ma posti nuovi da sperimentare. Una delle mie più recenti scoperte è un caffè dove volendo ci puoi mangiare e si mangia anche bene, ma il caffè ha una marcia in più.


La dico subito senza tirarla troppo per le lunghe: io un caffè così non lo avevo mai bevuto. Che poi io credevo di berlo consapevolmente.
Una decina di anni fa, infatti, mi capitò di vedere in TV un documentario sulla torrefazione, c’era l’esperto di turno che sosteneva che il vero degustatore, prima lo annusa, poi lo beve senza zucchero, senza latte, senza panna, insomma senza. E io mi adeguai subito. La prima settimana fu drammatica, ma da allora il mio caffè non ha più visto contaminazioni di sorta. A questo punto non dico che mi sentivo una esperta, ma di fatto mi sentivo sopra la media e pure nella posizione di fare proseliti su ‘sta cosa dell’annuso e del senza zucchero. E invece…

E invece è successo che una delle mie colleghe, ha scoperto questo posto e mi ha invitato alla prova. Ecco, tuttambotto, mi sono resa conto che fino a quel giorno più o meno il caffè del bar lo avevo bevuto bruciato o non bruciato, ma mai e poi mai avevo sentito il frutto. E soprattutto mai ci avevo trovato i sentori erbacei Insomma per 42 anni avevo lasciato le mie papille nella più devastante ignoranza. Devo dire che provato anche un certo senso di colpa e sto cercando di recuperare.

La caffetteria di cui vi parlo è Faro, e sta dalle parti di Corso Italia, a Roma. Il caffè da loro è diverso, perché dietro c’è una attenta selezione delle materie prime e dei metodi di lavorazione, dalla torrefazione all’estrazione. È un posto dove ci devi andare per fare una esperienza, non è da caffè distratto al banco che ti bruci pure la lingua (anche perché non te la bruci). Se non ti fermi, se non ti metti in ascolto, perdi qualcosa, io ve l’ho detto.


Il consiglio spassionato è andate e bevetene tutti, e “fateve portà” dai ragazzi al banco che sanno il fatto loro. Anzi a dirla tutta sono il valore aggiunto di questo posto, caffè a parte ovvio. L’accoglienza è il loro punto di forza.
Sarò banale, ma già che quando io e le mie colleghe entriamo, ci salutano e ci chiamano signorine, hanno vinto. Ora, civetteria stuzzicata a parte, la questione è che stanno là pronti a guidarvi a scoprire il loro modo di vedere il caffè, e ci tengono a far arrivare il messaggio, perché, che non sei entrato in un bar qualsiasi o lo capisci da solo, o te lo fanno capire a suon di tazzine.

Il caffè è sempre servito con una acqua aromatica fatta da loro e un sorriso, se proprio lo chiedi, ti danno pure lo zucchero, anche se non sono molto d’accordo, il dolcificante non l’ho mai visto, credo che facciano obiezione di coscienza, ma non ne sono sicura e comunque, nel caso, non mi sento di dargli torto.

Questo è l’indirizzo per andarli a trovare:
Faro – I luminari del caffè
Via Piave, 55, 00187 | Roma

 

 

 

 

 

Faro, i piacioni del caffè che piaceultima modifica: 2017-07-16T07:50:44+02:00da
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