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Lablabi, lo street food dell’uomo di fatica tunisino: provato per voi in scioltezza (quasi)

Nei tre giorni che ho passato a Tunisi a inizio novembre, mi è capitato spesso di passare davanti a dei chioschetti che vendevano una zuppa di pane e ceci servita in delle scodelle di terracotta, che poi ho scoperto chiamarsi lablabi. Tra tutti questi chioschetti ce ne era uno in particolare che aveva sempre la fila fuori. Ad essere precisa la clientela era praticamente composta da tutti uomini, si doveva trattare di qualcosa di parecchio nutriente e maschio. Una cosa tipo i rigatoni con la pajata del muratore trasteverino d’altri tempi.

E passaci una volta davanti, e passaci la seconda volta, e passaci pure la terza, la curiosità era diventata troppa. Dapprima ho rallentato il passo e sbirciato dentro, poi via via qualche passetto all’interno e ho guardato un po’ più approfonditamente, alla fine, l’ultimo giorno, sono entrata e mi sono fatta coraggio.  La curiosità è femmina, e non solo lei.

Che poi dire che ti “servono” il (o la?) lablabi è una parola grossa, un po’ come succede con il cous cous (qua il racconto se ve lo siete perso) devi darti da fare e devi collaborare pure te al piatto finale.

Appena entri si paga subito la consumazione e alla cassa ti danno questa ciotola vuota e dei panini raffermi. Poi sta a te trovare un angolino e spezzettarti il pane nella ciotola con le mani. Qua sotto la foto di me all’azione e che fingo maldestramente disinvoltura. Della serie io sono cittadina del mondo io mi mangio ‘sta cosa un giorno sì e l’altro pure.

Ma la faccia la dice tutta, non ero disinvolta manco per niente. La borgesuccia in me stava protestando, la borgesuccia in me non condivideva affatto l’approccio cittadina del mondo e questo voler provare l’emozione del vero street food tunisino. La borghesuccia in me che il locale non era proprio uno specchio l’aveva notato. Diciamocelo.

Comunque, quello che non strozza ingrassa, diceva pora nonna mia, e quindi ho taciuto la borgesuccia e ho contimuato nell’impresa.

Spezzettato il pane, bisognava andare a farsi mescere la zuppa. E io sono andata.  

La mia ciotolina è stata così riempita con un generoso mestolo di zuppa di ceci, con harissa (una salsa tipica che è praticamente peperoncino allo stato puro), una generosa dose di cumino,olio di oliva,  sale e un uovo crudo. E questo è stato il risultato finale.

Decisamente nutriente, decisamente saporita. te la servono bollente e l’uovo si cuoce mescolandola. Cumino e harissa la fanno da padrona. Il pane con la zuppa di ceci si gonfia e fa un tuttuno.

Sono onesta non l’ho finita tutta, un po’ perchè non sono una amante del cumino, un po’ perchè non sono un uomo di fatica tunisino, e non sarei andata di lì a poco a picconare un muro per bruciare le calorie in eccesso. Ma posso dire di averlo fatto.

 

 

Lablabi, lo street food dell’uomo di fatica tunisino: provato per voi in scioltezza (quasi)ultima modifica: 2014-11-22T15:40:13+01:00da
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