Andrea Surbone l’ho conosciuto una sera d’estate, quella appena passata per la precisione. Tutto è iniziato a Pinerolo, dove eravamo passati col camper per salutare Carlo ma soprattutto Piera, sua madre. Perchè a me questa signora non proprio giovanissima che su twitter interagisce e dice la sua con una freschezza che parecchi ggiovani se la sognano m’aveva tanto incuriosito. Ora da Pinerolo dovevamo tornare a casa, farci tutta una tirata fino a Roma non ci attirava un gran che e così Carlo, c’ha detto di fermarci da un suo amico dalle parti di Cecina, che aveva una fattoria, faceva il vino e di spazio per fermarci con il camper ne aveva in abbondanza, e poi avremmo dormito vista vigne, non so se mi spiego.
E così è andata, io marito e figlia, siamo arrivati da loro a Poggio Gagliardo, ad accoglierci è venuto proprio lui, Andea Surbone, inutile che ci giro intono, e che faccio la vaga, Andrea non è uno che passa inosservato, anzi. Si è presentato a noi, vestito con un camicione stile africano e a noi ‘sta cosa c’è subito piaciuta tanto.
Arrivati, un aperitivo e poi tutti in pizzeria, con altri amici loro, così, come ci conoscessimo da una vita.
La serata è stata allegra e animata, abbiamo pure visitato la cantina e poi i saluti accompagnati da un regalo inaspettato, tre bottiglie di vino. E tra le tre, pure il Vel Aules, di cui ci aveva parlato e che avevamo anche bevuto durante la serata. E chevvelodicoaffà questa, tra tutte, è stata la cosa che mi è piaciuta di più.
La mattina dopo siamo ripartiti col bottino, e fino all’altra sera non avevo ancora avuto il coraggio di aprirlo. A chiedere qualche dritta ad Andrea ci avevo provato, ma lui era stato chiaro, non voleva dare suggerimenti, abbinalo con cosa meglio credi, così m’ha detto e poi fammi sapere.
Il Vel Aules un po’ di “soggezione” la mette pure perché è un vino con una storia non banale e non poteva essere altrimenti. Andrea diversi anni fa a casa di amici, trovò un testo che parlava della vinificazione del 1700 e per gioco e per scommessa decise di fare un esperimento e di provarci a vinificare una piccola quantità di uva. Pigiatura, con i piedi, niente lieviti esterni aggiunti, niente travasi, insomma tutta un’altra storia rispetto a oggi. Qua potete trovare più dettagli scritti da lui stesso, ed è pure scritto bene, perché poi lui è anche editore e scrittore, e fidatevi, nel personaggio questa ecletticità ci sta tutta.
Il primo risultato, a detta dello stesso autore fu una schifezza inenarrabile, la cosa era stata messa su per scherzo, con quello che era stato trovato là per là, e il piccolo recipiente che era stato usato era di acciaio. Nel 1700 non c’era l’acciaio, c’era solo il legno. Il vino nell’acciaio non aveva respirato. Touchè.
Ma da lì Andrea ha iniziato a provare, provare e provare fino a d ottenere il Vel Aules, ed ad esserne pienamente soddisfatto e non solo lui, visti i riconoscimenti ottenuti. Il Vel Aules è un vino rosso (ancora non ve lo avevo detto) elegante, profumato di frutti rossi e anche un po’ di pepe.
La mia bottiglia che era la 354 di 1200 dell’annata 2009, aveva (pace all’anima sua ;)) un uvaggio composto dal 62% di Malvasia e il 38% ColorinoIo,uva che è stata raccolta il 26 Settembre 2009 per poi essere imbottigliata l’11 settembre del 2011. (Tutte queste cose stanno scritte dietro l’etichetta, di quelle che ti viene voglia di leggerle)
Io ci ho meditato su sta cosa dell’abbinamento, e alla fine ho deciso di provare con una salsiccia di fegato essiccata con all’interno la scorza di arancia. Una specialità che fa un norcino dalle mie parti e che vi consiglio. E ne sono rimasta entusiasta, secondo me la carne lavorata con la scorza di arancia esaltava l’eleganza del vino e la nota speziata. Per non farmi parlare dietro, ci ho pure messo vicino la pizza bianca, quella delle rosticcerie romane. Insomma, un momento di meditazione culinaria circondata da cose buone.
Grazie Andrea.