Del mio incondizionato amore per la mortadella ve ne ho già parlato a profusione sia qua che qua. La mortadella la potete degustare in purezza fina fina che si scioglie in bocca tanto per andare su una citazione illustre, oppure in insalata come ve l’ho proposta qua, ma la morte sua inutile girarci intorno con la pizza bianca: calda, fina e cotta a legna.
– calda: perchè col calore si scioglie un po’ il lardello della mortadella e la pizza si unge del nobile grasso e il gusto inutile starlo a sottolineare ci guadagna
– fina: se la pizza fosse troppo “mollicosa”, non sarebbe da giusto accompagnamento alla mortadella e invece di esaltarla ne oscurerebbe il sapore.
– cotta a legna: e qua non c’è nulla da dire, se l’avete assaggiata sapete da voi la differenza.
Se passate dalle mie parti e la volete proprio come ve l’ho raccontata, andate da Maria. (Forno Raparelli, Corso Colonna Vittoria 40, Marino)
Ora però la pizza con la mortadella è tanto saporita e quindi qualcosa bisogna berci su, è d’uopo. E al solito, sicome che io vi voglio tanto bene, ho chiesto consulenza a Franco Ziliani di Vino al vino
Bella sfida che mi lanci oggi amica mia capitolina, azzardare l’abbinamento a qualcosa che, vedi i casi della vita, proprio perché sono milanocentrico e polentone e mi capita di frequentare poco la tua città, mi sono perso e non ho mai potuto gustare in loco, solo perché capitolino non sono e nella Capitale (voi la chiamate così, vero?) metto piede, pur essendo uno che gira molto, ben poco. Sto parlando di quella cosa sicuramente gustosissima che è la pizza bianca calda, appena sfornata, con la mortadella, o meglio con la mortazza, che è l’equivalente, in terra romana, del classico panino (ideale la classica “michetta”) con la mortadella, cara a legioni di muratori e lavoratori vari (anche quelli che si dilettano semplicemente a scrivere senza fatiche manuali come nel caso mio) anche qui al nord. Cibo proletario, cibo di “sopravvivenza”, cibo di strada gustoso e senza pretese, salvo quelle che la pizza bianca (o il pane nel caso mio) sia cotta bene, possibilmente in un forno a legna, e che ‘a mortazza sia di buona qualità, saporita, possibilmente con tanto di pistacchi, e tagliata sottile ma non troppo, di modo da apprezzarne, masticandola, la consistenza. Un cibo che “chiama” assolutamente vino, ma cosa abbinarci? Cedere alla tentazione del vino “proletaire” ed economicamente affine, un vinellino fresco bianco, giovane, senza pretese particolari di marchio o di prezzo, oppure… Io scelgo l’oppure, ovvero l’abbinamento, che ho più volte sperimentato funzionare meravigliosamente bene, anche se solo con il panino e non con la pizza bianca, ad uno dei gioielli della produzione vinicola “polentona”, ma che dico, dirò di più, lombarda (ho detto e ripeto lombarda e non lumbard…, ovverosia le “bollicine” nobili del Franciacorta Docg metodo classico, prodotto con uve Chardonnay, Pinot nero e talvolta un pizzico di Pinot bianco, nell’emergente zona vinicola in provincia di Brescia. Zona dove i “magutt” (il che tradotto significa manovali, muratori, lavoratori di fatica) il panino con la mortadella considerano parte del loro sistema alimentare. Non consiglierò l’abbinamento alla versione più “fighetta” di Franciacorta, ovvero il cremoso e morbido Satèn, né al Rosé, che pur amo molto, né al Brut base, bensì alla più incisiva e maschia delle tipologie di Franciacorta, l’Extra Brut, e per gli amanti del tipo più secco, senza concessioni, diretto, incisivo, ricco di nerbo, il Non Dosato (o Pas Dosé,o Dosage Zéro, o Nature, come si può leggere in diverse dizioni), quello più in grado di bilanciare, in termini di freschezza e sapidità, la consistenza grassa della mortazza. Pizza bianca con la mortazza e Franciacorta Docg Non Dosato, non è una proposta d’abbinamento “da larghe intese” in linea con questo singolare clima politico di oggi?
Dico che le “large intese” a volte possono essere sorpendenti. L’ho provato e onestamente lo consiglio di cuore.